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Santi del 15 Giugno

Il mio Santo > I Santi di Giugno

*Sant'Abramo di St-Cirgues - Monaco (15 Giugno)

m. 480 circa
Martirologio Romano:
A Clermont-Ferrand in Aquitania, ora in Francia, Sant’Abramo, monaco, che, nato sulla riva dell’Eufrate, si recò in Egitto a fare visita agli eremiti, ma, arrestato dai pagani, fu tenuto in catene per cinque anni; giunto poi in Francia nella regione dell’Auvergne, si ritirò nel monastero di San Quírico, dove morì carico di giorni.
La persecuzione contro i cristiani bandita nel primo quarto del V sec. da Iezdgerd I (399-420) e Baharam V (420-438) non fu che un breve episodio della lunga lotta che affaticò gli imperatori di Bisanzio e i re della dinastia sassanide.
I sassanidi, infatti, per soddisfare l'intransigente clero mazdeico, accompagnarono la tradizionale ostilità armata con frequenti provvedimenti epurativi diretti a purificare il paese da elementi cristiani e filobizantini.
Una vittima di questa politica fu Abramo che, semplice diacono, si vide costretto a lasciare il paese e a riparare in Egitto; ma, caduto in mano alle guardie di frontiera, fu torturato ed incarcerato.
Dopo cinque anni, scaduto il tempo della persecuzione, fu rilasciato.
Secondo la testimonianza di Gregorio di Tours, obbedendo alla voce di Dio con lo stesso abbandono con cui aveva risposto l'omonimo patriarca, percorse tutte le terre dell'Occidente giungendo nella sede vescovile di Arverni (odierna Clermont, nel dipartimento di Puy-de-Dôme).
Qui pose fine al suo lungo vagare e si costruì una capanna di paglia, dove trascorreva i giorni e le notti in continua preghiera.
Ben presto la fama della sua virtù fece sì che fosse eletto abate del monastero intitolato al martire san Ciriaco o Cyr (fr. Cirgue). Nel 473 pare che Abramo abbia fondato un nuovo edificio religioso accanto all'abbazia che gli era stata affidata e della quale aveva condotto a termine la costruzione. Insignito della dignità sacerdotale, morì nel suo monastero nel 476 o 477, famoso per i miracoli operati.
Volusiano, vescovo di Tours, chiese a Sidonio Apollinare (430-489 ca.) di scrivere un epitafio in memoria di Abramo; Sidonio gli inviò trenta versi.
Nell'alto medioevo Abramo era particolarmente invocato per le malattie degli occhi.

(Autore: Pietro Sfair - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Abramo di St-Cirgues, pregate per noi.

*Beata Albertina Berkenbrock - Vergine e Martire (15 Giugno)

São Luis, Brasile, 11 aprile 1919 - 15 giugno 1931
Albertina Berkenbrock, nata l’11 aprile 1919 a São Luis (Brasile), all’età di soli 12 anni il 15 giugno 1931 fu uccisa perchè come Maria Goretti difese eroicamente la sua castità.
Dopo un rapidissimo processo di beatificazione, il 16 dicembre 2006 è stato riconosciuto il suo martirio ed il 20 ottobre 2007 è stata dichiarata "Beata".
Albertina nacque l’11 aprile 1919 a São Luís, nel comune di Imaruí, Stato di Santa Catarina (nel sud del Brasile). Venne battezzata il 25 maggio 1919, cresimata il 9 marzo 1925 e fece la prima Comunione il 16 agosto 1928.
I suoi genitori e i suoi parenti seppero educarla nella fede e le trasmisero molto presto le principali verità della Chiesa. Albertina imparò le preghiere e fu sempre perseverante nel recitarle.
Si confessava spesso, andava regolarmente a Messa, si comunicava con fervore. Si preparò con grande diligenza alla prima Comunione. Parlava molto spesso dell’Eucaristia e diceva che il giorno
della sua prima Comunione era stato il più bello della sua vita.
Fu nell’ambiente semplice, bello e cristiano della sua famiglia che Albertina crebbe, aiutando i genitori.
Venne assalita da un impiegato dell’ufficio del padre il 15 giugno 1931.
Difese la dignità del suo corpo e la sua verginità e si mantenne pura, fino al limite della sua forza fisica.
Vedendo che non riusciva a violentarla, l’impiegato la sgozzò con un temperino.
In una preghiera a lei dedicata, i fedeli chiedono a Dio di concedere “che, per la sua testimonianza di vita, diventiamo forti nella fede, coltiviamo i valori del Vangelo e viviamo fedelmente gli impegni del nostro Battesimo”.
“Glorifica tua figlia Albertina, che ad appena dodici anni versò il suo sangue per non perdere la sua purezza”, pregano.

(Fonte: Zenit - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Albertina Berkenbrock, pregate per noi.

*Sant'Amos - Profeta (15 Giugno)
Regno di Giuda e Regno di Israele, VIII secolo a.C.
Profeta e scrittore fustigò energicamente la vita del regno d’Israele che, godendo di un momento di prosperità, aveva abbandonato la legge divina. Amos profetizzò il castigo divino e la salvezza di pochi giusti che avrebbero perpetuato il popolo di Dio, di cui avvertì fortemente la presenza e il dominio sul mondo.
Ebbe il merito che lo rende ancora attuale di denunciare un culto ridotto a pura esteriorità e la falsa sicurezza degli uomini di fronte a Dio.

Etimologia: Amos = forte, robusto, dall'ebraico
Martirologio Romano: Commemorazione di Sant’Amos, profeta, che allevatore di bestiame in Tecoa e coltivatore di sicomori, fu mandato dal Signore ai figli di Israele per riaffermare la sua giustizia e santità contro i loro abomini.
Lo Stato unitario nato con il re Saul è ora diviso nei due regni di Israele al nord e di Giuda al sud. E qui, nel paese di Tekoa vicino a Betlemme, abita il contadino Amos, al quale il Signore comanda di andare a predicare nel regno del nord.
Amos accetta immediatamente, pur essendo estraneo al mondo dei predicatori o “portavoce” o “interpreti” di Dio (questo significa il termine ebraico tradotto con “profeta”).
Lasciato il suo bestiame, entra nel regno d’Israele al tempo di re Geroboamo II (783-743 a.C.). Un tempo di straordinaria prosperità. E anche di religiosità intensa, si direbbe.
C’è sempre folla nei santuari nazionali di Bet-El e di Dan, con offerte abbondanti e riti solenni. Amos, fedele alla chiamata, arriva appunto a Bet-El per rovinare la festa dei ricchi, per far vergognare i compiaciuti.
Questo è l’incarico. Eccolo tra la folla, mentre profetizza sventure ai nemici di Israele per i loro misfatti. E questo ai suoi ascoltatori va molto bene. Ma presto Amos passa a parlare di loro: "Hanno venduto il giusto per denaro e il povero per un paio di sandali; calpestano la testa dei poveri come la polvere della terra...".
Ecco su che cosa si basa questa prosperità: sull’ingiustizia, di cui il contadino di Tekoa enumera le manifestazioni: truffe in commercio, nel peso, nella moneta, sfruttamento dei poveri, usura spietata, schiavitù per il debitore... Sì, il Signore di tutti i popoli castigherà i nemici di Israele; ma
anche questo regno dovrà scontare le sue iniquità. Non basta che possieda la vera fede: deve anche viverla con verità. Non serve adornare i templi: "Cercate il Signore, e vivrete!".
C’è da pensare che questa infuocata campagna non duri a lungo. Entra infatti in campo Amasia, capo dei sacerdoti di Bet-El, parlando probabilmente a nome del re. E intima ad Amos di tornare al suo paese, nel regno di Giuda. Allora il profeta spiega che è stato il Signore a mandarlo, e aggiunge per Amasia questo tremendo annuncio: "Ebbene, dice il Signore: tua moglie si prostituirà nella città, i tuoi figli e le tue figlie cadranno di spada, la tua terra sarà spartita con la corda, tu morrai in terra immonda e Israele sarà deportato lontano dalla sua terra...".
I notabili sferzati da Amos conosceranno sventura e deportazione quando il regno del nord verrà abbattuto nel 722 a.C. dagli Assiri.
E Amos? Possiamo pensare che sia tornato in patria: il messaggio è stato comunicato, la missione compiuta. Ma lui in un certo senso ha voluto “farne rapporto” a tutti, per tutti i tempi. Dei profeti precedenti, infatti, noi conosciamo l’attività, ma di lui ci sono arrivate anche le parole.
Per mano sua, o di qualche discepolo, Amos ce le ha volute tramandare nella loro irruenza originaria. Come se lo ascoltassimo noi pure a Bet-El, tra gli stupori.

(Autore: Domenico Agasso - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant' Amos, pregate per noi.

*Santa Barbara Cui Lianzhi - Martire (15 Giugno)

m. 1900
Madre di famiglia morta a causa di crudelissime torture durante le persecuzioni in Cina.
Martirologio Romano: Presso la città di Liushuitao nel territorio di Qianshengzhuang nella provincia dello Hebei in Cina, Santa Barbara Cui Lianzhi, martire, che, essendole già stato ucciso il figlio, cercò di notte scampo nella fuga, ma catturata dai nemici dei cristiani morì tra crudelissime torture.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Barbara Cui Lianzhi, pregate per noi.

*Santa Benilde di Cordova - Martire (15 Giugno)

m. 853
Martirologio Romano:
A Córdova nell’Andalusia in Spagna, Santa Benilde, martire, morta, in età già avanzata, durante la persecuzione dei Mori.
Il giorno dopo l'esecuzione dei ss. Anastasio, Felice e Digna, il 15 giugo 853, Benilde sostenne il martirio a Cordova.
Coraggiosa e pia, ormai avanti negli anni, Benilda si presentò al giudice musulmano della moschea di Cordova, che la fece decapitare.
Anche le sue ceneri sarebbero state disperse, come quelle dei tre martiri citati. Introdotta nel Martirologb Romano dal Baronio, la festa di Benilda si celebra il 15 giugno.

(Autore: Pietro Altabella Gracia - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Benilde di Cordova, pregate per noi.

*San Bernardo di Aosta (di Mentone) (15 Giugno)

Mentone (?), Francia, inizio secolo XI - Novara, 12 giugno 1081
Dal 1923 è patrono degli alpinisti, ha dato il suo nome a due celebri passi alpini e anche alla simpatica razza canina dotata di botticella per il salvataggio in montagna.
È San Bernardo di Mentone, che in realtà, però, non sarebbe nato nella località della Savoia, come si legge in una cronaca del XV secolo, ma ad Aosta intorno al 1020.
Divenuto arcidiacono e, poi, Agostiniano, gli venne affidato l'incarico di ripristinare il valico detto «Mons Jovis».
Si narra che per far ciò dovette lottare contro le pretese di un demonio e alla fine lo precipitò giù da una rupe.
Di sicuro c'è che, partendo dall'abbazia svizzera di Bourg-Saint-Pierre, fondò un monastero in cima a quello che oggi è il Gran San Bernardo.
A quota 2.470 metri è un posto di sosta e ospitalità per viaggiatori e pellegrini, nonché l'abitato più elevato d'Europa.
Al Santo viene attribuita anche la costruzione del cenobio in cima al Piccolo San Bernardo. Morì a Novara nel 1081. (Avvenire)

Patronato: Alpinisti, Scalatori (Pio XI - 1923)
Etimologia: Bernardo = ardito come orso, dal tedesco
Emblema: Bastone da montagna, Cane
Martirologio Romano: Sul Mont-Joux nel Vallese, San Bernardo da Mentone, sacerdote, che, canonico e arcidiacono di Aosta, visse per molti anni tra le vette delle Alpi, dove costruì un rinomato monastero e due rifugi per i viandanti, tuttora recanti il suo nome.  
Grazie a uomini come lui, l’Europa ha rialzato la testa mille anni fa, dopo aver preso schiaffi per secoli un po’ da tutti: Arabi, Normanni, Slavi, Ungari... Alcuni lo dicono nativo di Mentone.
Da documenti vicini al suo tempo risulta di famiglia valdostana: e ad Aosta egli diventa arcidiacono della cattedrale, noto anche come predicatore.
Di lui è più ricordata tuttavia l’opera di rianimatore della vitalità europea in uno dei suoi punti più colpiti: il passo di Monte Giove (detto poi in suo onore Gran San Bernardo).
É l’importantissimo valico che consente il viaggio lineare da Londra alla Puglia, per merci, persone, idee.
Dice una preghiera in suo onore: "Il miracolo di Monte Giove, o Bernardo, mostrò la tua santità.
Qui tu hai distrutto un inferno e costruito un paradiso".
Alla fine del IX secolo, forze arabe partite dalla loro base di La GardeFreinet (Costa Azzurra) hanno occupato con altri valichi quello di Monte Giove e i villaggi dei due versanti.
Qui si sono poi dedicati a rapimenti, sequestri, uccisioni, incendi di monasteri, chiese, paesetti.
Ci sono poi signorotti locali, cristiani, che li assoldano volentieri per le loro contese; e non manca
chi si spinge fino a imitarli nelle estorsioni.
Questo è l’“inferno”.
E finisce dopo che nel 973 Guglielmo di Provenza distrugge la base araba di La GardeFreinet, provocando il ritiro delle bande dai monti.
Per l’alto valico (a 2.473 metri) riprendono i passaggi, con gravi disagi per ciò che è stato distrutto o bruciato.
E qui arriva Bernardo.
Che non porta subito il “paradiso”.
Anzi: il suo lavoro inizia nella prima metà dell’XI secolo con molte difficoltà e pochi mezzi.
Ma con un’idea innovatrice: tagliare a metà la consueta tappa St. Rhémy (Val d’Aosta) BourgSt. Pierre (Vallese) e stabilire una tappa intermedia proprio sul valico.
Intorno all’idea, per opera sua e dei continuatori, si sviluppa l’organizzazione.
Invece di un semplice rifugio, i viaggiatori, i cavalli, le merci, troveranno accoglienza organizzata, servizio efficiente, sotto la direzione di una comunità monastica impiantata da lui, e cresciuta dopo di lui, con lo sviluppo di edifici e servizi dalle due parti del valico.
A Bernardo si attribuisce anche la fondazione dell’ospizio sull’Alpe Graia (Piccolo San Bernardo), ma la cosa non è certa.
E poi c’è l’altro Bernardo: il predicatore, non solo nella Vallée; anche nella zona di Pavia, ad esempio.
E nel Novarese: in sintonia con la riforma della Chiesa, Bernardo si batte contro l’ignoranza e i cattivi costumi del clero, l’abbandono dei fedeli, il commercio delle cose spirituali.
É la parte meno nota della sua vita, ma è anche quella che impegna tutte le sue forze.
Anzi: Bernardo muore appunto facendo questo lavoro, mentre si trova a Novara, la cui cattedrale custodirà poi le sue spoglie.

(Autore: Domenico Agasso – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Bernardo di Aosta, pregate per noi.

*Beato Clemente Vismara - Sacerdote missionario (15 Giugno)

Agrate Brianza, Milano, 6 settembre 1897 - Mong Ping, Myanmar (già Birmania), 15 giugno 1988
Nato nel 1897 ad Agrate Brianza (Milano), Clemente aveva fatto la prima guerra mondiale meritandosi tre medaglie e il grado di sergente maggiore; ma ne era uscito col disgusto di ogni violenza e diventa sacerdote missionario nel PIME il 26 maggio 1923.
Parte per la Birmania il 2 agosto dello stesso anno e muore il 15 giugno 1988 a Mongping, l’ultima delle sei parrocchie da lui fondate, con un solo ritorno in Italia alcuni mesi nel 1957.
Cordiale e ottimista, sempre sorridente, è morto a 91 anni “senza invecchiare”, dicevano i suoi confratelli perché, come scriveva lui stesso, “la vecchiaia incomincia quando ti accorgi che non sei più utile a nessuno; e lui è stato utile a tanti fino all’ultimo giorno, in un paese fra i più poveri e fra popolazioni tribali tormentate da guerre, dittatura, carestie, malattie, miseria.
Riconosciuta l'eroicità delle virtù, è stato dichiarato venerabile il 15 marzo 2008 e beato il 26 giugno 2011.
Nato ad Agrate Brianza nel 1897, eroe della prima guerra passa tre anni in trincea come fante e termina la guerra come sergente maggiore con tre medaglie al valor militare. Capisce che “la vita ha valore solo se la si dona agli altri” (scriveva) e diventa sacerdote e missionario del Pime nel 1923 e subito parte per la lontana Birmania dov’è destinato a Kengtung, territorio forestale e montuoso abitato da tribali e quasi inesplorato, ancora sotto il dominio di un re locale (saboà) patrocinato dagli inglesi.
Parte con due confratelli dall’ultima città col governatore inglese, Toungoo, e arrivano a Kengtung in 14 giorni a cavallo.
Tre mesi di sosta per imparare qualcosa delle lingue locali e poi il superiore della missione in sei giorni a cavallo lo porta alla sua ultima destinazione, Monglin ai confini tra Laos, Cina e Thailandia.
Era l’ottobre 1924 e in 32 anni (con un’altra guerra mondiale in mezzo, prigioniero dei giapponesi), fonda tre missioni da zero che oggi sono parrocchie: Monglin, Mong Phyak e Kenglap. In una delle sue prime lettere scriveva ad Agrate: “Qui sono a 120 chilometri da Kengtung e se voglio vedere un altro cristiano debbo guardarmi allo specchio”.
Ha con sé tre orfani che gli tengono compagnia, vivono in un capannone di fango e paglia, il suo apostolato è di girare i villaggi dei tribali a cavallo, piantare la sua tenda e farsi conoscere: porta medicine, strappa i denti che fanno male, si adatta a vivere con loro, al clima, ai pericoli, al cibo, mangiano topi e scimmie, riso e salsa piccante. E poi, fin dall’inizio porta a Monglin orfani o bambini abbandonati per educarli. In seguito fonda un orfanotrofio e viveva con 200-250 orfani e orfane. Oggi è invocato come “protettore dei bambini” e fa molte grazie che riguardano i piccoli.
Una vita poverissima e Clemente scrive: “Qui è peggio che quando ero in trincea sull’Adamello e il Monte Maio, ma questa guerra l’ho voluta io e debbo combatterla fino in fondo con l’aiuto di Dio. Sono sempre nelle mani di Dio”. Giorgio Torelli ha scritto: “Qualunque storia sul cielo e sulla terra sappiano raccontarvi, date retta a uno che ha veduto e toccato con mano: grande come questa vicenda ce n’é poche o forse nessuna”.
A poco a poco nasce una cristianità, vengono le suore italiane di Maria Bambina ad aiutarlo, fonda scuole e cappelle, officine e risaie, canali d’irrigazione, insegna la falegnameria e la meccanica, costruisce case in muratura e porta nuove coltivazioni, il frumento, il baco da seta, la verdura (carote, cipolle, insalata – il padre mangia l’erba dicevano all’inizio), ecc.
Soprattutto il Beato Clemente ha portato il Vangelo, ha fatto nascere la Chiesa in un angolo di mondo dove non ci sono turisti ma solo contrabbandieri d’oppio, stregoni e guerriglieri di varia estrazione, e poi i membri di tribù che, attraverso la scuola e l’assistenza sanitaria si stanno
elevando e oggi hanno medici e infermieri, falegnami e insegnanti, preti e suore e persino vescovi.
Non pochi si chiamano Clemente e Clementina.
Ma fin qui ho raccontato solo la prima parte della sua lunga militanza clamorosa. Per conoscerla tutta vi rimando alla biografia “Prima del sole”, perchè Clemente, poeta e sognatore, si alzava prestissimo e saliva sulla vicina collina per veder nascere il sole. Scriveva: “Quando vedo nascere il sole, capisco che Dio non mi ha abbandonato”. E’ morto nel 1988 a 91 anni nella seconda cittadella cristiana costruita a Mongping, dopo 65 anni di vita missionaria, uno dei fondatori della diocesi di Kengtung in Birmania, che i vescovi birmani hanno proclamato “Patriarca della Birmania” nei suoi 60 anni di Birmania (1983).
Clemente rappresenta bene le virtù dei missionari nella storia della Chiesa e i valori da tramandare alle generzioni future. Nell’ultimo mezzo secolo la missione alle genti è cambiata radicalmente, sempre però continuando ad essere quello che Gesù vuole: “Andate in tutto il mondo, annunziate il Vangelo a tutte le creature”. Ma i metodi nuovi (responsabilità della Chiesa locale, inculturazione, dialogo interreligioso, ecc.) debbono essere vissuti nello spirito e nella continuità della Tradizione ecclesiale che risale addirittura agli Apostoli.
Clemente è uno degli ultimi anelli di questa gloriosa Tradizione. Due gli aspetti importanti della sua vita, indispensabili anche oggi: la fiducia assoluta nella Provvidenza e l’amore totale al suo popolo. Apprezzava il denaro perchè serviva a realizzare la carità e la missione, ne chiedeva a parenti e amici. Ha fondato cinque parrocchie con tutte le strutture necessarie, manteneva 200-250 orfani e orfane, molti poveri e lebbrosi, dieci o più vedove senza casa né cibo. Ma non era mai preoccupato del futuro: si fidava della Provvidenza.
Il 9 maggio 1962 scriveva al nipote Innocente Vismara: "La spesa totale in un anno si aggira sui quattro milioni di lire. Non tengo conti perchè ho timore che poi Dio se l'abbia a male: vado avanti ad occhi chiusi, è meglio". Suor Battistina Sironi che è stata con Clemente negli ultimi trent'anni della sua vita a Mongping, nel febbraio 1993 a Kengtung mi diceva: "Padre Clemente non teneva nessun tipo di contabilità. Riceveva aiuti dagli amici in Italia e in America perchè scriveva molto e spendeva quel che riceveva. La borsa era vuota, ma il giorno dopo era piena. Non ha mai fatto conti né preventivi né bilanci di spesa. Quando aveva bisogno di soldi, frugava nella borsa e misteriosamente ce n'era sempre".
Il 21 settembre 1978 scriveva ad un amico italiano: "Non te la scaldare tanto per i soldi. Se me li mandano, bene, se non li mandano non me ne importa. La Provvidenza c'è e la devo ringraziare... Più si dona e più si riceve, niente paura". Ad un altro amico il 18 febbraio 1964: “Il denaro è come la paglia: vola via. Io poi sono sempre impegnato in costruzioni e sono spese da orbi. Ma la Provvidenza c'è sempre".
In una occasione ringrazia un parente in Italia per le 100.000 lire che gli ha mandato e aggiunge (22 settembre 1961): "Perdiamo, perdiamo quaggiù, se vogliamo ricevere lassù quello che abbiamo perduto. La mia è un'amministrazione un po'... apostolica. Non ho tempo né testa per tenere registri, vado avanti a occhi chiusi, non tengo registrazione alcuna. Spendo, spendo e vedo che ce n'è sempre".
Clemente era innamorato del suo popolo, specie dei piccoli e degli ultimi e scriveva: “Questi orfani non sono miei, ma di Dio e Dio non lascia mai mancare il necessario”. Viveva alla lettera quanto dice Gesù nel Vangelo: “Non preoccupatevi troppo dicendo: 'Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Come ci vestiremo?'. Sono quelli che non conoscono Dio che si preoccupano di tutte queste cose... Voi invece cercate il Regno di Dio e fate la sua volontà: tutto il resto Dio ve lo darà in più" (Matt. 6, 31-34).
Utopia? No, in Clemente era una realtà vissuta, che gli portava la gioia nel cuore nonostante tutti i problemi che aveva.
É stato dichiarato Venerabile il 15 marzo 2008. Papa Benedetto XVI ha approvato il miracolo a lui attribuito in data 2 aprile 2011. Il 26 giugno 2011 è stato proclamato Beato dal cardinale Angelo Amato, a nome del Santo Padre, durante la cerimonia di beatificazione presieduta dal cardinale Dionigi Tettamanzi in piazza del duomo a Milano.

(Autore: Padre Piero Gheddo Fonte: Zenit)
Giaculatoria - Beato Clemente Vismara, pregate per noi.

*Sant'Esichio di Durostoro - Soldato, Martire (15 Giugno)
† 302 circa

Martirologio Romano: A Silistra in Mesia, nell’odierna Bulgaria, Sant’Esichio, che, soldato, arrestato insieme al beato Giulio, ottenne dopo di lui, sotto il governatore Massimo, la corona del martirio.
Il Martirologio Romano al 15 giugno commemora Esichio martire di Durostoro in Mesia (oggi Silistria in Romania) sotto il governatore Massimo (III secolo). Poco si sa sulla persona di questo soldato che viene ricordato nel Martirologio Geronimiano sia il 15 sia il 17 giugno.
In quest'ultima fonte è menzionato con Giulio, il che fa pensare si debba identificare con soldato Esichio che interviene precisamente nella passio latina di Giulio di Durostoro e che lo incoraggia mentre è condotto al martirio.

(Autore: Joseph-Marie Sauget - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Esichio di Durostoro, pregate per noi.

*Beato Ferdinando (Fernando) del Portogallo (15 Giugno)

Santarém, Portogallo, 29 settembre 1402 - Fez, 15 giugno 1443
Chiamato anche l'"infante santo", il "principe perfetto", il "principe costante", l'"abanderado" (= alfiere), nacque a Santarém il 29 settembre 1402 dal re del Portogallo Giovanni I.
Sua madre, Filippa di Lancaster, lo educò molto piamente: molto austero con se stesso, ebbe un delicato senso della giustizia sociale unito ad una gran compassione verso gli schiavi, i naviganti e i
malati, che soccorreva con abbondanti elemosine e facendo celebrare per essi sante Messe.
A motivo della sua povertà, fu costretto dai fratelli ad accettare il titolo di gran maestro dell'Ordine monastico-militare di Avis, conferitogli da Eugenio IV nel 1434, ma rifiutò umilmente il cardinalato offertogli dallo stesso Papa.
Benché febbricitante, il 22 agosto 1437 partì, insieme col fratello Enrico il Navigatore, alla testa di un esercito di settemila uomini, alla conquista di Tangeri.
Sopraffatti, nel mese di ottobre furono costretti a togliere l'assedio e ad accettare le condizioni loro imposte, tra cui la promessa di restituire Ceuta.
Ferdinando e dodici uomini del suo seguito, tra i quali il suo segretario Giovanni (Joao) Alvares, che scrisse una dettagliata relazione della santa vita e prigionia del principe, restarono come ostaggi.
Ferdinando fu portato da Tangeri alla vicina città di Arzila, dove rimase sette mesi. Rifiutata dalle Cortes portoghesi la restituzione di Ceuta, nel maggio 1438 i Mori lo trasferirono a Fez, dove fu ridotto alla condizione di schiavo in catene, costretto ai lavori più duri e umilianti.
Le trattative per il suo riscatto fallirono ripetutamente per le esorbitanti pretese del sultano di Fez e del suo crudele vizir.
Debilitato dalle privazioni, si ammalò di dissenteria e si spense rapidamente il 15 giugno 1443,
confortato dagli ultimi sacramenti e ricreato da visioni celestiali. Il suo corpo, sviscerato, fu appeso per i piedi ai merli delle mura.
Nel 1451 il suo segretario Alvares, liberato dalla prigionia, ne portò il cuore in Portogallo; nel 1463 i suoi resti mortali riportati in patria furono collocati nella chiesa del monastero di Batalha, dove gli furono eretti un mausoleo e una cappella.
Benché non beatificato ufficialmente, Ferdinando ha avuto un certo culto, specialmente nell'anniversario della morte, in quello della traslazione (17 giugno) e nella vigilia di Ognissanti.
Paolo II, con Breve del 1470, ne lodò le virtù e la santa morte, incoraggiò la sua venerazione e concesse un'indulgenza a coloro che, nell'anniversario della morte, pregassero nella cappella di Sant'Antonio di Padova in Lisbona.
La figura Santa ed eroica di Ferdinando è stata immortalata dal drammaturgo spagnolo P. Calderón de la Barca nel dramma "Il Principe Costante" (1629, uno dei "più belli di Calderón e del teatro spagnolo" (Menéndez Pelayo).

(Autore: Isidoro da Villapadierna – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Ferdinando del Portogallo, pregate per noi.

*Santa Germana Cousin - Vergine (15 Giugno)
Pibrac, Francia, 1570 circa - 15 giugno 1601
Nata nel 1570 in un piccolo villaggio a pochi chilometri da Tolosa da modestissimi operai, restò per tutta la vita una povera pastorella. Con una malformazione congenita all'arto superiore destro e una costituzione gracile, si ammalò ben presto di scrofolosi che portò con sé quale cronica sofferenza per tutti i suoi anni.
Perse la madre poco tempo dopo la nascita, il padre si risposò e in casa fu isolata. Fu mandata a pascolare le greggi e quasi sempre doveva dormire nella stalla. Tutto questo veniva però accettato con estrema umiltà e non le impediva di esercitare tanta carità nei confronti dei compagni, per lo più giovani pastori e pastorelle. Grande era la sua fede costruita intorno a quel poco che su Dio e sulla Madonna aveva appreso in parrocchia. Ogni giorno andava a Messa, ogni giorno recitava il Rosario e l'Angelus.
Gli abitanti di Pibrac, il villaggio natale, la chiamavano perciò «la bigotta» e la dileggiavano. Ma Germana sopportava tutto con umiltà. Una mattina il gregge non uscì dall'ovile; Germana non andò in Chiesa. Era morta silenziosamente quasi addormentandosi nella pace eterna il 15 giugno 1601.
Dopo la morte, per sua intercessione si verificarono numerosissimi miracoli. Tutta Pibrac e in seguito tutta la Francia le portarono grande devozione. (Avvenire)

Etimologia: Germana = fratello/sorella, dal latino
Martirologio Romano: A Pibrac nel territorio di Tolosa in Francia, Santa Germana, vergine, che, nata da genitori sconosciuti, condusse fin dalla fanciullezza una vita di servitù e infermità, patendo con animo forte e spirito gioioso ogni genere di tribolazioni, finché a soli ventidue anni riposò in pace.
Dalla vita non ha ricevuto granchè, anzi la si può considerare una somma di dolori ed incomprensioni tali da mandare in depressione chiunque: una malformazione congenita le blocca un braccio; la scrofolosi le deturpa il viso con piaghe e gonfiori; a pochi giorni dalla nascita le muore la mamma e si ritrova con un papà che non la ama e una matrigna che la odia , trattandola come un’appestata.
Per una bambina così sfortunata non si prospetta alcun avvenire e neppure si prende in considerazione l’ipotesi del matrimonio per cui, oltre a non mandarla a scuola, non le vengono insegnati neppure i lavori domestici.
Soltanto al pascolo può andare, anche perché così pochi la notano, quasi fosse una persona di cui ci si vergogna. Il gregge ed i pascoli diventano così tutto il suo mondo e la sua ragion d’essere. O forse no, perché a dispetto di ogni apparenza quella bambina è intelligente e anche di facile apprendimento.
Si innamora di Dio e della Madonna “immagazzinando” le poche nozioni che riesce a rubare quando, abbandonando il gregge, riesce a scappare in chiesa per la messa o per il catechismo. Al suo ritorno, non solo le pecore non si sono disperse, ma le si raduna intorno un piccolo “gregge” di bimbi, analfabeti come lei, ai quali riesce a trasmettere quanto nel suo cuore ha messo radici.
Forse è più un catechismo di “testimonianza” che di nozioni, ma per questo ancor più efficace, almeno a giudicare dai frutti che si registrano in quei bambini, altrimenti abbandonati a se stessi, sporchi, ignoranti, rissosi. E anche affamati, tanto che lei deve portarsi il pane da casa o toglierselo di bocca per aiutarli in qualche modo. E se papà, insospettito, vuol verificare se nel suo grembiule stracolmo c’è davvero pane, ha la sorpresa di trovarlo in pieno inverno stracolmo di profumatissimi fiori.
Così come gli altri pastori possono verificare che quella loro singolare “collega” riesce come Mosè ad aprisi un varco in un torrente in piena o attraversare un fiume senza neppure bagnarsi “Miracoli” quotidiani, di una ferialità che si sposa perfettamente con il carattere umile e dimesso di quella ragazza rifiutata da tutti, e che tutti trattano da “bigotta” e che insultano pure, per quel suo vizio di frequentare troppo la chiesa. E lei, povera di tutto, è ricca soltanto di pazienza e di sopportazione, di umiltà e di fede vissute nel nascondimento nel silenzio.
Tanto che nessuno si accorge quando muore, appena trentenne, il 15 giugno 1601: la trovano, ormai cadavere, nel suo solito giaciglio nella stalla, dato che non le hanno mai dato un letto come spetterebbe ad ogni cristiano.
La seppelliscono in chiesa a furor di popolo e 40 anni dopo ne riesumano il corpo ancora intatto, mentre si fa fatica a tenere conto dei miracoli che si sono verificati su quella tomba.
Pio IX la mette ufficialmente sugli altari nel 1867 ed oggi Santa Germana Cousin è patrona dei pastori, dei pellicciai e, più di recente, anche dei “giovani a rischio”. Che sono così numerosi da aver davvero bisogno di una protettrice in più. (Autore: Gianpiero Pettiti - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Vive e muore sempre da ultima. La sua biografia è un succedersi di disgrazie, a partire dalla nascita. Non fa in tempo a conoscere sua madre, che muore poco tempo dopo averla messa al mondo. È infelice pure il suo fisico, per una mano malformata e per un’infermità cronica legata alla malnutrizione: la scrofolosi, che deturpa il suo viso con piaghe e gonfiori. È ultima anche per i suoi di casa: se la prende con lei soprattutto una donna, indicata come la matrigna o una cognata.
La sua “stanza da letto” è la stalla durante l’inverno e un sottoscala nella buona stagione. Nessuno in famiglia sembra notare la sua intelligenza (anche se è analfabeta). Tanto, sposarsi non potrà mai, nelle sue condizioni: sicché non le si insegnano neppure i lavori domestici. Il suo compito – appena l’età lo consente – è portare le pecore al pascolo, così non si fa troppo vedere.
L’epoca, in Francia, è quella delle “guerre di religione” tra cattolici e calvinisti – gli “ugonotti” –, una tragica crisi che vede l’aristocrazia divisa in due partiti armati e contrapposti. Sui contadini dipendenti dagli uni o dagli altri ricade il flagello delle estorsioni padronali e dei saccheggi. Così
Germana, in casa e fuori, si trova a essere «pastorella in mezzo ai lupi», come la definirà Henri Ghéon, uno dei suoi biografi. Ma lei non crolla, non si chiude. Frequentando assiduamente la chiesa parrocchiale di Pibrac, il suo villaggio nativo, giunge ad avere una buona istruzione religiosa.
E a questo punto si scopre pure amabile parlatrice con i suoi coetanei, che le si fanno amici senza badare al suo aspetto. Sono gli unici che l’accettano com’è e ascoltano volentieri i suoi racconti evangelici, nella parlata dell’Alta Garonna. È una catechista spontanea dei contadinelli poveri, e a volte li sfama pure, col pane portato da casa.
Le campagne, infatti, sono al disastro, perché, dopo le rapine e i saccheggi delle guerre di religione, arrivano gli agenti del fisco, mandati dal ministro delle Finanze Sully; e questi, se il contadino non paga, mettono in vendita anche porte, finestre e copertura della casa. (Secondo un osservatore inglese, questa fiscalità spietata tende anche a deprimere e scoraggiare il minuto popolo, «che altrimenti sarebbe disposto alla rivolta»).
Germana è rimproverata dai suoi perché riempie il grembiule di pane per i suoi amici: ma lei prontamente apre il grembiule e lo si ritrova pieno di fiori, in inverno. Anche i pochi miracoli che le si attribuiscono sono così; ordinari, minuscoli, da poveri. E poverissima è la sua morte. Germana si spegne nel suo eterno sottoscala e non se ne accorge nessuno. Quando la trovano, è già cadavere. A trent’anni circa. Più di 40 anni dopo, la sorpresa: riesumato il suo corpo, lo si trova intatto. Si diffonde la venerazione per lei: incomincia un processo per la canonizzazione, mentre la gente continua a invocarla. A fine Settecento, con la Rivoluzione francese, anche i suoi resti vengono dispersi. Nel 1867 Pio IX la proclama Santa. Nel villaggio di Pibrac c’è ora una basilica eretta in suo onore.

(Autore: Domenico Agasso - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Germana Cousin, pregate per noi.

*Beati Giovanni Rodriguez e Pietro da Teruel - Mercedari (15 Giugno)

Nominati redentori, i Beati Giovanni Rodriguez e Pietro da Teruel, insigni mercedari per le virtù e costanza nella fede, in terra d’Africa liberarono 180 schiavi da una dura prigionia e là morirono nella pace del Signore.
L’Ordine li festeggia il 15 giugno.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beati Giovanni Rodriguez e Pietro da Teruel, pregate per noi.

*Sant'Isfrido di Ratzeburg - Vescovo (15 Giugno)

+ Ratzeburg, Germania, 15 giugno 1204
Canonico professo del monastero di Cappenberg in Westfalia. Nel 1159 venne eletto preposito di Jerichow e nel 1180 vescovo di Ratzeburg.
A quel tempo la diocesi era affidata ai Premostratensi ed Isfrido fu lieto di non dover mutare il suo modo di vivere.
A lui di deve la restaurazione del monastero di Floreffe, vicino a Namur, distrutto da un incendio, e la consacrazione della chiesa abbaziale di Postel in Belgio, allora sotto la giurisdizione di Floreffe.
Gli antichi annali di Stederburg lo presentano come uomo esimio per sapienza cristiana, umiltà e fortezza.
Degno successore di Sant'Evermondo, continuò l’opera di conversioni presso i Vendi non senza diversi problemi e difficoltà. Morì il 15 giugno 1204, giorno in cui se ne celebra la memoria.
Nella diocesi di Osnabruck godette di culto antico confermato nel 1725 da Benedetto XIII all’Ordine dei Premostratensi.

Martirologio Romano: A Ratzeburg nell’Alsazia, ora in Germania, Sant’Isfrido, vescovo, che, mantenendo l’osservanza di vita dei Canonici Premostratensi, si adoperò per l’evangelizzazione dei Vendi.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Isfrido di Ratzeburg, pregate per noi.

*San Landelino - Abate (15 giugno)

m. 686 circa
Martirologio Romano: A Crespin nell’Hainault, nel territorio dell’odierna Francia, San Landelino, abate, che, convertito dal vescovo Sant’Autberto da una vita di ruberie all’esercizio delle virtù, fondò un cenobio a Lobbes e si spostò poi a Crespin, dove finì i suoi giorni.
Di nobile famiglia, Landelino fondò le abbazie di St-Crespin e di Lobbes; spesso gli si attribuisce anche la fondazione delle abbazie di Aulne e di Wallers-en-Fagne.
Durante la sua giovinezza avrebbe vissuto da brigante e sarebbe stato convertito da Sant’ Uberto di Cambrai.
Morì verso il 686 a St-Crespin.
La sua festa si celebra il 15 giugno.

(Autore: Albert D'Haenens – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Landelino, pregate per noi.

*San Lotario di Seez - Vescovo (15 Giugno)
m. 15 giugno 756

Martirologio Romano: A Séez in Neustria, ora in Francia, San Lotario, Vescovo, che, lasciato il suo incarico, si dice sia morto in solitudine.
San Lotario (Lother, Lotharie o Lohier) è il sedicesimo vescovo di Séez. Nella cronotassi della diocesi succede a Sant’Annorberto (menzionato nel 688-689) e precede San Crodegango o Godegrando.
Incerte e poco chiare sono le notizie sulla diocesi di Séez nel primo millennio. Secondo Duchesne la cronotassi episcopale, è molto confusa e poco attendibile, anche se il gran numero di santi legati a Sées è ci testimonia la grande vitalità spirituale della regione.
Nella vita si San Evremondo, un testo di dubbia veridicità, erroneamente si parla di lui come sesto
o settimo vescovo, che governò la diocesi per trentadue anni dal 720 al 752.
Egli si è dimesso dall’incarico di pastore della diocesi per ritirarsi a vivere quale eremita.
Alcune fonti leggendarie ritengono che San Lotharie o Lohier fosse duca di Moselane (Mosella) e marchese del Sacro Impero sull’Escault, che lasciò il mondo per vivere da eremita nei pressi di Argentan.
Lotario fondò un monastero nella foresta di Argentan, che fu poi chiamato San Loyer des Champs in suo onore.
Morì il 15 giugno 756 e fu sepolto nella chiesa di San Loyer des Champs.
In epoca remota le sue reliquie, per sottrarle alle incursioni normanne, sono state traslate a Tholey.
Nel 1864, furono riportate a Séez e divise tra la cattedrale e la chiesa di San Loyer.
La sua festa nel proprio di Séez è stata fissata al 15 giugno, giorno della sua morte.

(Autore: Mauro Bonato – Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - San Lotario di Seez, pregate per noi.

*Beato Luigi Maria Palazzolo - Fondatore (15 Giugno)

Sacerdote (1827-1886), fondatore dei Fratelli della Sacra Famiglia e delle Piccole sorelle dei Poveri, le «suore Poverelle».
Di queste ultime molto si è parlato mentre in Africa infuriava l’epidemia di Ebola: accanto al letto dei contagiosissimi malati – alla fine vittime esse stesse del virus – c’erano loro, le figlie del Palazzolo.
Il carisma del fondatore è infatti legato all’assistenza a malati, bisognosi e anziani.
Palazzolo è stato beatificato nel 1963. (Avvenire)

Etimologia: Luigi = derivato da Clodoveo
Martirologio Romano: A Bergamo, Beato Luigi Maria Palazzolo, sacerdote, che fondò le Congregazioni delle Suore Poverelle e dei Fratelli della Santa Famiglia.
Luigi Maria Palazzolo nacque il 10 dicembre 1827 a Bergamo, ultimo di otto fratelli, di cui divenne l’unico sopravvissuto; la mortalità infantile era molto diffusa, le vaccinazioni e gli antibiotici dovevano ancora arrivare.
Nel 1837 rimase orfano del padre, ricevé dalla pia madre, un’educazione improntata verso la carità
per i poveri e gli ammalati, ebbe la fortuna di avere ottimi direttori spirituali, che lo indirizzarono alla vita consacrata.
Fu ordinato sacerdote dal vescovo di Bergamo il 23 giugno 1850 e fu subito impegnato nell’apostolato nella parrocchia di S. Alessandro in Colonna, nell’oratorio sito in località “la Foppa” e poi nella chiesa di S. Bernardino di cui nel 1855 divenne rettore.
Negli anni che seguirono, fondò la Congregazione delle ‘Suore delle Poverelle’ con la collaborazione di Teresa Gabrieli, donna esperta e di grande fede, che ne divenne la prima superiora. Qualche anno dopo, il 4 ottobre 1872 fondò i Fratelli della S. Famiglia per l’assistenza degli orfani, stabilendoli a Torre Boldone (BG) ma questo Istituto si estinse nel 1928.
Intanto le ‘Suore delle Poverelle’ andavano espandendosi, aprendo varie case nelle province di Bergamo, Vicenza, Brescia; le Regole dell’Istituto furono approvate dal vescovo di Bergamo mons. Guindani e nel 1912 definitivamente dalla Santa Sede.
Il lavoro apostolico di padre Luigi Palazzolo fu enorme, grande predicatore popolare nelle missioni e negli esercizi spirituali; organizzatore del tempo libero dei suoi fedeli, inventò canovacci di commedie, burattinaio di prim’ordine nel manovrare la maschera di Gioppino; istituì le scuole serali; dal suo oratorio ben quaranta giovani si avviarono al sacerdozio.
Le sue Suore delle Poverelle secondo una statistica del 1970 sono arrivate a gestire 133 case, il numero delle suore è arrivato a 1400, con centinaia di novizie e postulanti, sono presenti in Italia, Lussemburgo, Svizzera, Francia, Africa e la loro opera si svolge in tutti i rami dell’educazione, assistenza, conforto verso i bisognosi.
Padre Luigi Maria Palazzolo morì il 15 giugno 1886 e sepolto nel cimitero di S. Giorgio a Bergamo; il 4 gennaio 1904, la salma, fu traslata nella chiesa principale della Casa madre dell’Istituto.
Il 31 gennaio 1913 fu introdotta la causa di beatificazione, che ebbe il suo epilogo nella solenne cerimonia di proclamazione celebrata dal Papa Giovanni XXIII il 19 marzo 1963.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Luigi Maria Palazzolo, pregate per noi.

*Santi Modesto e Crescenzia - Martiri (15 Giugno)

m. Lucania, 15 giugno 303
Etimologia: Modesto = semplice, riservato, dal latino Crescenzia = accresce (la famiglia), dal latino
Emblema: Palma
Nonostante il nuovo Martyrologium Romanum si limiti in data odierna a citare singolarmente il giovane martire siculo San Vito, sono comunque degni di nota coloro che una plurisecolare tradizione
ha voluto affiancargli come compagni di vita e di martirio, i Santi Modesto e Crescenzia, rispettivamente suo maestro e sua nutrice. Entrambi accostarono Vito alla fede cristiana, nonostante l’opposizione di suo padre. Questi cercò di fargli rinnegare la nuova religione, ma Vito rimase saldo agli insegnamenti ricevuti e preferì fuggire con Modesto e Crescenza in Lucania, ove al tempo dell’imperatore Diocleziano subirono il martirio.
In tutta questa vicenda non vi è assolutamente nulla di storico, in quanto la Passio redatta sul loro conto ha un carattere esclusivamente leggendario. Una primitiva forma di culto nacque inizialmente solo per Vito, citato senza i due compagni nel Martirologio Geronimiano, nei martirologi di San Beda il Venerabile e nell’Antico Martirologio inglese.
Solo in un secondo momento gli furono accostate le misteriose figure di Modesto e Crescenzia, con i quali pare abbia condiviso il martirio bollendo in un pentolone, leggenda ripresa da una vasta iconografia tradizionale. La presenza di Vito tra i Quattordici Santi Ausiliatori ha favorito la diffusione nell’intera Europa del culto di Modesto e Crescenzia, fattore ancora oggi riscontrabile nelle numerose chiese dedicate non solo al giovane martire, ma denominate invece Santi Vito, Modesto e Crescenzia.
Sarebbe quasi impossibile elencare le numerose località che si contendono la presenza delle reliquie dei tre martiri, come spesso accade per i Santi di quel periodo, e che li hanno conseguentemente eletti quali loro celesti patroni.

(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Modesto e Crescenzia, pregate per noi.

*San Pietro de Cervis - Martire Mercedario (15 Giugno)

+ Granada, Spagna, 1422
Originario di Perpignano (Francia), San Pietro de Cervis, entrò nell’Ordine della Mercede e divenne commendatore del convento di Santa Maria in Narbona.
Con ardente desiderio di soffrire per Gesù Cristo, partì verso il regno moro di Granada (Spagna) per la promulgazione della fede cattolica e la redenzione degli schiavi.
Arrivato nella città di Granada venne subito privato dei beni che gli servivano per la liberazione dei prigionieri, fu percosso e gettato in una fetida prigione dove morì fra atroci supplizi nell’anno 1422.
L’Ordine lo festeggia il 15 giugno.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Pietro de Cervis, pregate per noi.

*Beato Pietro Nolasco Perra - Mercedario (15 Giugno)

Gergei, Sardegna, inizio 1574 – Valenza, Spagna, 15 giugno 1606
Nato a Gergei in Sardegna, all’inizio del 1574, il Beato Pietro Nolasco Perra, fu battezzato il 15 febbraio di quell’anno.
Vestì l’abito religioso mercedario nel convento di Bonaria (Cagliari), il 14 febbraio 1598 e professò il 19 febbraio 1599.
Inviato a Valenza in Spagna per proseguire i suoi studi, qui fu ordinato sacerdote nel 1602.
Fu esempio di vita interiore e di obbedienza, durante la celebrazione della messa riusciva a commuovere i fedeli per la devozione con cui pregava, aveva parole di conforto e di incoraggiamento per chiunque l’avvicinava, specialmente in confessione.
Colmato di favori dalla Vergine Maria, santamente morì nel convento mercedario di San Domenico in Valenza il 15 giugno 1606 all’età di soli 32 anni.
L’Ordine lo festeggia il 15 giugno.
L’Ordine dei Mercedari fu fondato in Spagna da s. Pietro Nolasco (1180-1245), con lo scopo principale della ‘redenzione’ dei cristiani fatti schiavi dai Mori arabi e portati nei Paesi musulmani dell’Africa Settentrionale.
Passata l’epoca della dominazione araba, l’Ordine continuò la sua opera apostolica e di evangelizzazione, diffondendosi in tutte le realtà nazionali d’Europa, ma anche in America (con Cristoforo Colombo c’erano anche alcuni Mercedari come cappellani); ormai la ‘redenzione’ era intesa soprattutto come liberazione dal peccato delle anime traviate.
Per quanto riguarda l’Italia, il primo convento fu fondato a Cagliari in Sardegna, a quel tempo soggetta al dominio aragonese e fu proprio re Alfonso IV d’Aragona nel 1335, a farne dono
all’Ordine.
Poi nel 1442 seguì Napoli e nel 1463 Palermo e man mano seguirono fondazioni in altre città d’Italia, fra cui nel 1569 quella di S. Rufina a Roma, seguita dal convento di S. Adriano.
E dall’antico convento di Nostra Signora di Bonaria in Cagliari, l’Ordine ebbe il dono di una santa figura di frate mercedario, Pietro Nolasco Perra, il quale nacque ai primi del 1574 a Gergei (Nuoro) in Sardegna e battezzato il 15 febbraio di quell’anno.
Di lui non si sa molto; attratto dalla spiritualità dei Mercedari che particolarmente in Sardegna operavano sin dal XIV secolo, volle seguire il loro esempio e il 14 febbraio 1598 a 24 anni, vestì l’abito della Mercede nel convento di Bonaria a Cagliari e un anno dopo, il 19 febbraio 1599, emise la professione.
Successivamente fu inviato a Valencia per proseguire gli studi e in questa città fu ordinato sacerdote nel 1603, documenti dell’epoca attestano la sua presenza a Valencia il 6 luglio 1604 e anni seguenti, nelle riunioni capitolari per l’ammissione di altri religiosi all’Ordine.
Fu esempio di vita interiore, di obbedienza e di delicatezza nell’amore fraterno; durante la celebrazione della sua Messa i fedeli che vi partecipavano, si commuovevano per la grande devozione con cui pregava.
Aveva parole di conforto e di incoraggiamento per chiunque lo avvicinava, specialmente durante la confessione.
Morì a Valenza a soli 32 anni, il 15 giugno 1606, lasciando di sé la fama di santo; un suo compagno, fra’ Machin, esimio studioso, narrò che fra’ Pietro Nolasco Perra in punto di morte, chiese ai suoi superiori di comandargli di morire, affinché la sua morte fosse figlia dell’ubbidienza e avere così maggiori meriti davanti a Dio. Due anni dopo la sua dipartita, furono aperte delle raccolte di documentazioni e testimonianze di quanti l’avevano conosciuto, per ordine dell’arcivescovo di Cagliari mons. Francesco Desquivel.
Il Maestro Generale dell’Ordine fra’ Filippo Guimeran, nel 1610 pubblicò una ‘Vita’ da lui scritta, di fra’ Pietro Nolasco Perra, al secolo Pietro Giovanni Perra.
Nel suo paese di origine Gergei, fu eretta una chiesa chiamata in dialetto sardo Sant’Impera (San Pietro) in suo ricordo, oggi ancora esistente e dedicata a S. Carlo Borromeo; nel 1652 una reliquia del braccio fu trasferita da Valenza a Gergei.

(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Pietro Nolasco Perra, pregate per noi.

*Beati Pietro Snow e Rodolfo Grimston - Martiri (15 Giugno)

Martirologio Romano: A York sempre in Inghilterra, Beati martiri Pietro Snow, sacerdote, e Radolfo Grimston, che condannati a morte sotto la regina Elisabetta I, l’uno perché sacerdote, l’altro perché aveva tentato di sottrarlo alla cattura, patirono il supplizio del patibolo.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beati Pietro Snow e Rodolfo Grimston, pregate per noi.

*Beato Tommaso Scryven - Monaco Certosino, Martire (15 Giugno)

Scheda del gruppo a cui appartiene:
Beati Martiri di Inghilterra, Galles e Scozia - Beatificati nel 1886-1895-1929-1987

Martirologio Romano: A Londra in Inghilterra, Beato Tommaso Scryven, martire, monaco della Certosa della città, che sotto il re Enrico VIII conservò la fede della Chiesa e per questo, consunto in carcere dalla fame, ricevette la corona del martirio.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Tommaso Scryven, pregate per noi.

*San Vito Adolescente - Martire (15 Giugno)

Mazara del Vallo (Trapani), III sec. – Lucania, 15 giugno 303
Non si conosce la sua origine, anche se una "Passio" di nessun valore storico, lo fa nascere in Sicilia da padre pagano e lo vuole incarcerato sette anni perché cristiano.
L'unica notizia attendibile su di lui si trova nel Martirologio Gerominiano, da cui risulta che Vito visse in Lucania.
Popolarissimo nel medioevo, egli fu inserito nel gruppo dei Santi Ausiliatori, i Santi la cui intercessione veniva considerata molto efficace in particolare occasioni e per sanare determinate malattie.
Egli veniva invocato per scongiurare la lettargia, il morso di bestie velenose o idrofobe e il "ballo di San Vito".
In proposito la leggenda racconta che Vito, da bambino, abbia guarito il figlio di Diocleziano, suo coetaneo, ammalato di epilessia.

Patronato: Danzatori, Epilettici
Etimologia: Vito = forse forte, virile, che ha in sé vita, dal latino
Emblema: Palma
Martirologio Romano: In Basilicata, San Vito, martire.
San Vito fa parte dei 14 Santi Ausiliatori, molto venerati nel Medioevo, la cui intercessione veniva considerata particolarmente efficace nelle malattie o specifiche necessità.
Gli altri tredici Ausiliatori sono: Acacio, Barbara, Biagio, Caterina d’Alessandria, Ciriaco, Cristoforo, Dionigi, Egidio, Erasmo, Eustachio, Giorgio, Margherita, Pantaleone.
Il culto per San Vito è attestato dalla fine del V secolo, ma le notizie sulla sua vita sono poche e scarsamente attendibili.
Alcuni antichi testi lo dicono lucano, ma la ‘Passio’ leggendaria del VII secolo, lo dice siciliano; nato secondo la tradizione a Mazara del Vallo in una ricca famiglia, rimasto orfano della madre, fu affidato ad una nutrice Crescenzia e poi al pedagogo Modesto, che essendo cristiani lo convertirono alla loro fede.
Aveva sui sette anni, quando cominciò a fare prodigi e quando nel 303 scoppiò in tutto l’impero romano, la persecuzione di Diocleziano contro i cristiani, Vito era già molto noto nella zona di Mazara.
Il padre non riuscendo a farlo abiurare, si crede che fosse ormai un’adolescente, lo denunziò al preside Valeriano, che ordinò di arrestarlo; che un padre convinto pagano, facesse arrestare un suo figlio o figlia divenuto cristiano, pur sapendo delle torture e morte a cui sarebbe andato incontro, è figura molto comune nei Martirologi dell’età delle persecuzioni, che come si sa, sotto vari titoli furono scritti secoli dopo e con l’enfasi della leggenda eroica.
Il preside Valeriano con minacce e lusinghe, tentò di farlo abiurare, anche con l’aiuto degli accorati appelli del padre, ma senza riuscirci; il ragazzo aveva come sostegno, con il loro esempio di coraggio e fedeltà a Cristo, la nutrice Crescenzia e il maestro Modesto, anche loro arrestati.
Visto l’inutilità dell’arresto, il preside lo rimandò a casa, allora il padre tentò di farlo sedurre da alcune donne compiacenti, ma Vito fu incorruttibile e quando Valeriano stava per farlo arrestare di nuovo, un angelo apparve a Modesto, ordinandogli di partire su una barca con il ragazzo e la nutrice.
Durante il viaggio per mare, un’aquila portò loro acqua e cibo, finché sbarcarono alla foce del Sele sulle coste del Cilento, inoltrandosi poi in Lucania (antico nome della Basilicata, ripristinato anche dal 1932 al 1945).
Vito continuò ad operare miracoli tanto da essere considerato un vero e proprio taumaturgo, testimoniando insieme ai due suoi accompagnatori, la sua fede con la parola e con i prodigi, finché non venne rintracciato dai soldati di Diocleziano, che lo condussero a Roma dall’imperatore, il quale saputo della fama di guaritore del ragazzo, l’aveva fatto cercare per mostrargli il figlio coetaneo di Vito, ammalato di epilessia, malattia che all’epoca era molto impressionante, tale da considerare l’ammalato un indemoniato.
Vito guarì il ragazzo e come ricompensa Diocleziano ordinò di torturarlo, perché si rifiutò di sacrificare agli dei; qui si inserisce la parte leggendaria della ‘Passio’ che poi non è dissimile nella sostanza, da quelle di altri martiri del tempo.
Venne immerso in un calderone di pece bollente, da cui ne uscì illeso; poi lo gettarono fra i leoni che invece di assalirlo, diventarono improvvisamente mansueti e gli leccarono i piedi.
Continua la leggenda, che i torturatori non si arresero e appesero Vito, Modesto e Crescenzia ad un cavalletto, ma mentre le loro ossa venivano straziate, la terra cominciò a tremare e gli idoli caddero a terra; lo stesso Diocleziano fuggì spaventato.
Comparvero degli angeli che li liberarono e trasportarono presso il fiume Sele allora in Lucania, oggi dopo le definizioni territoriali successive, scorre in Campania, dove essi ormai sfiniti dalle torture subite, morirono il 15 giugno 303; non si è riusciti a definire bene l’età di Vito quando
morì, alcuni studiosi dicono 12 anni, altri 15 e altri 17.
Purtroppo bisogna dire che il martirio in Lucania è l’unica notizia attendibile su s. Vito, mentre per tutto il resto si finisce nella leggenda.
Il suo culto si diffuse in tutta la Cristianità, colpiva soprattutto la giovane età del martire e le sue doti taumaturgiche, è invocato contro l’epilessia e la corea, che è una malattia nervosa che dà movimenti incontrollabili, per questo è detta pure “ballo di San Vito”; poi è invocato contro il bisogno eccessivo di sonno e la catalessi, ma anche contro l’insonnia ed i morsi dei cani rabbiosi e l’ossessione demoniaca.
Protegge i muti, i sordi e singolarmente anche i ballerini, per la somiglianza nella gestualità agli epilettici. Per il grande calderone in cui fu immerso, è anche patrono dei calderai, ramai e bottai.
Secondo una versione tedesca della leggenda, nel 756 l’abate Fulrad di Saint-Denis, avrebbe fatto trasportare le reliquie di san Vito nel suo monastero di Parigi; poi nell’836 l’abate Ilduino le avrebbe donate al monastero di Korway nel Weser, che divenne un centro importante nel Medioevo, della devozione del giovane martire.
Durante la guerra dei Trent’anni (1618-48), le reliquie scomparvero da Korwey e raggiunsero nella stessa epoca Praga in Boemia, dove la cattedrale costruita nel X secolo, era dedicata al santo; a lui è consacrata una splendida cappella.
Bisogna dire che delle reliquie di San Vito, è piena l’Europa; circa 150 cittadine, vantano di possedere sue reliquie o frammenti, compreso Mazara del Vallo, che conserva un braccio, un osso della gamba e altri più piccoli.
Nella città ritenuta suo luogo di nascita, san Vito è festeggiato ogni anno con una solenne e tipica processione, che si svolge fra la terza e la quarta domenica d’agosto.
Il “fistinu” in onore del santo patrono, ricorda la traslazione delle suddette reliquie, avvenuta nel 1742 ad opera del vescovo Giuseppe Stella.
La processione, indicata come la più mattiniera d’Italia, inizia alle quattro del mattino, con il trasporto della statua d’argento del Santo, posta sul Carro trionfale, trainato a braccia dai pescatori, fino alla chiesetta di San Vito a Mare, accompagnato da una suggestiva fiaccolata e da fuochi d’artificio; da questo luogo si crede sia partito con la barca per sfuggire al padre e al preside Valeriano.
Una seconda processione è quella celebre storica-ideale a quadri viventi, è una serie di carri, su cui sono rappresentate da fedeli con gli abiti dell’epoca, scene della sua vita e del suo martirio, chiude la processione il già citato carro trionfale.
“U fistinu” si conclude nell’ultima domenica d’agosto, con un’ultima processione del carro trionfale diretto al porto-canale e da lì il simulacro di San Vito, viene issato su uno dei pescherecci e seguito da un centinaio di altri pescherecci e barche, giunge fino all’altezza della Chiesetta di San Vito al Mare, per ritornare infine al porto.
A Roma esiste la chiesa dei santi Vito e Modesto, dove in un affresco oltre il giovanetto, compaiono anche Modesto con il mantello da maestro e Crescenzia in aspetto matronale con il velo.
Nell’area germanica San Vito è rappresentato come un ragazzo sporgente da un grosso paiolo, con il fuoco acceso sotto.
Il santuario in cui è venerato nell’allora Lucania, oggi nel Comune di Eboli in Campania, denominato San Vito al Sele, era detto “Alecterius Locus” cioè “luogo del gallo bianco”; nella vicina città di Capaccio, nella chiesa di San Pietro, è custodita una reliquia del Santo, mentre nella frazione Capaccio Scalo, è sorta un’altra chiesa parrocchiale dedicata anch’essa a San Vito; la diocesi di questi Comuni in cui il culto di San Vito è così forte, perché qui morì con i suoi compagni di martirio, si chiama tuttora Vallo della Lucania, pur essendo in provincia di Salerno. Il Santo è anche patrono di Recanati e nella sola Italia, ben 11 Comuni portano il suo nome.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Vito Adolescente, pregate per noi.

*San Trillo - Abate Gallese (15 Giugno)
VI sec.

San Trillo (o Terillo) è un abate gallese, figlio di Ithel Hael di Llyday, che visse nel VI secolo.
Era fratello dei santi Tegau, Twrog e Llechid. Secondo alcune informazioni tardive della Chiesa di San Giorgio si dice che ci fossero anche altri due fratelli, i santi Bagian e Tanwg.
San Trillo visse a Llandrillo yn Rhos, un piccolo villaggio di solo cinquecento persone, nella parte settentrionale del Galles nel Denbighshire.
Il nome del paese deriva derivi proprio da San Trillo, il monaco che arrivò dalla Bretagna con altri missionari nel VI secolo e fondò una chiesa su una collinetta vicino alla confluenza tra il ruscello Ceidiog e il fiume Dee. Esiste ancor oggi, in quella località la piccola chiesa, costruita sopra un pozzo. La chiesa è proprio dedicata a San Trillo.
Il santo è anche ricordato quale monaco e abate nell’isola di Bardsey, sul mare d’Irlanda del Galles nord-occidentale.
L’isola era chiamata un tempo "l'isola dei 20.000 Santi", per ricordare i ventimila pellegrini morti nei vari viaggi, che volevano visitare il locale monastero.
In quest’isola ci sono i resti di un'abbazia del XIII secolo, che si tramanda, sia quella dove visse San Trillo. La festa per San Trillo si celebra nel giorno 15 giugno.

(Autore: Mauro Bonato – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Trillo, pregate per noi.

*Altri Santi del giorno (15 Giugno)

*xxx
Giaculatoria - Santi tutti, pregate per noi.

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